Non trasformate gli appuntamenti in colloqui di lavoro

Non trasformate gli appuntamenti in colloqui di lavoro

Non trasformate gli appuntamenti in colloqui di lavoro. Si perde la genuinità dello stare insieme.
Specialmente superata una certa età, noto nell’altro sesso la repellente tendenza a indagare l’estetica piuttosto che l’essenza.
Sarà la fretta di sistemarsi o la legittima volontà di preservarsi dall’ennesima delusione amorosa, sta di fatto che ormai gli appuntamenti hanno assunto sempre più i contorni di colloqui di lavoro. Ormai il copione è imbarazzante: si rompe il ghiaccio con una battuta, si chiacchiera, si ordina da bere e non appena l’atmosfera si fa più colloquiale, puntuale come una raccomandata dell’agenzia delle entrate, la prima pungolatura.

Che lavoro fai?

Piccolo caveat: l’ingenuo uomo medio è ben lieto dell’occasione offertagli. Senza remora alcuna esibirà festante il proprio posto fisso o l’ultimo malpagato incarico di responsabilità che il capetto di turno gli ha affibbiato, avendo cura di omettere con raffinata abilità la cocente frustrazione cui giornalmente è assoggettato.

Il betino ha scocaccato la prima freccia della sua faretra.
La donna non lascia trapelare nulla.

La conversazione continua. Un discreto termometro della buona riuscita dell’appuntamento è la quantità di proposizioni aperte e non più germogliante poiché soffocate da altri pensieri frattanto sopraggiunti. La meravigliosa volizione di raccontarsi all’altro con tanta e tale fretta che le parole si fanno ostacoli prima che viatici di esperienza.

Quando l’occasione si fa ghiotta, impedendosi di sembrare indiscreta, implacabile perviene un’altra domanda:

Con chi vivi?

Sia chiaro: nessuno ambisce a colpevolizzare la donna per certe sue ataviche pulsioni. Gli istinti sono tali e imperituri. Probabilmente, checché ne dica l’aberrante abiezione modernista, buona parte delle donne sogna semplicemente una casa e un figlio. L’affannosa ricerca del lavoro è invero bisogno e non volizione. La modernità ha tuttavia corrotto financo gli istinti, insinuando propagande moleste e infelici perseguenti il verbo unico del profitto. La donna è perciò stata snaturata e si è trasformata ella stessa in merce da proporre al migliore offerente, così corrompendo il suo circuito della ricompensa.

Si reinventerà femmina solo quando avrà compreso, troppo al di là nel tempo, l’inganno imperialista che l’ha parificata all’uomo, quando la storia l’ha da sempre battezzata superiore.

Tornando al nostro appuntamento, il betino fessacchiotto abboccherà nuovamente all’amo e la mettera a parte dei suoi progetti per la stipula di un mutuo trentennale che avrà estinto solo alla venerabile soglia dei cinquanta anni.

Si andrà avanti ancora a lungo, intervallando a racconti di viaggi e brevi e nostalgiche estati, domande più concrete, atte a misurare il potenziale sociale del maschio.

Nella mente del’uomo aleggerà la costante sensazione di essere sotto osservazione. In quei pochi minuti lui sta esprimendo una performance. Ne è consapevole ma non ha il coraggio di elaborare lo stimolo. Vorrà credere che si tratti di una conversazione alla pari.

Accettazione

Sic stantibus rebus, essendo sempre più ricorrente il leitmotiv del lavoro, della casa e delle ambizioni, ho mutato il mio atteggiamento.
Non avvertendo l’incolmabile urgenza di trovare una donna ed essendo mediamente impermeabile agli stimoli sessuali, ho principiato a divertirmi.
Pur non mancando della opportuna liquidità per vestire abiti lussuosi o acquistare costose automobili, parzializzo la mia desiderabilità sociale, omettendo ogni dettaglio sul mio lavoro ed esibendo camicie spiegazzate e capelli lunghi e trascurati.

La strategia ha dato i suoi frutti. Ho selezionato le donne migliori, quelle che amano e desiderano senza compromessi. L’ultima donna che amerò sarà una di queste.


Piccolo disclaimer conclusivo: il presente articolo non ha velleità maschiliste né si riconosce nelle comuni e sempreverdi generalizzazioni misogine. Ho semplicemente riportato una interpretazione suggerita dall’esperienza che ciascuno è legittimato a condividere o rigettare. Demonizzare una opinione perché distante dal proprio sentire è soltanto sintomatico di scarsa intelligenza. Al solito, non esistono fatti ma solo interpretazioni.

Non trasformate gli appuntamenti in colloqui di lavoro, tornate a desiderare l’anima e non il vuoto guscio della desiderabilità sociale.

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