Perché non facciamo più figli?

Perché non facciamo più figli?

denatalità demografia
Denatalità

Eziologia e fenomenologia della crisi demografica più inedita di sempre.

Da qualche lustro a questa parte le nazioni europee sono chiamate e confrontarsi con l’orrifico supplizio dell’impoverimento demografico.
Nihil novo sub sole, senonché le assiomatiche fandonie ipocritamente veicolate dal politicamente corretto impediscono l’affermazione di una seria analisi sulla reale eziologia del fenomeno.

Le prime responsabili sono le bugiardissime sorelle dell’informazione. Con grave detrimento dell’umano intelletto, prone e scondinzolanti, si affannano sedule nella canora esibizione dei soliti luoghi comuni.

Edizione straordinaria! Il governo stanzia altri sessanta centesimi per le misure a sostegno della natalità

Come se il problema fosse (solo) il vile denaro.
Eppure, il brillante consesso dei nostri acutissimi ministri ancora una volta partorisce il solito topolino.
Non siete ancora convinti che il problema non sia unicamente ascrivibile al denaro? Leggete e convincetevene.


Carlo e Licia sono una giovane coppia. Carlo è impiegato e Licia ha un contratto part – time che permette alla coppia di sopravvivere. I due vivono finalmente insieme, si stimano e si apprezzano. Decidono di compiere il grande passo e sposarsi. In luna di miele però rinunciano ad avere un figlio dacché non sarebbero economicamente in grado di sostenere le spese che un bebè comporta.

Poi il governo si sveglia.

Analizziamo sintagma per sintagma la validità semantica della romantica pretesa dei nostri acutissimi eroi:

Mission impossible

Carlo e Licia sono una giovane coppia.

Partiamo male. La proposizione è infatti presumibilmente falsa.
Per la stragrande maggioranza dei giovani è oggi quasi del tutto impossibile trovare un partner.
Esistono certo coppie felici e spensierate, ma sono una sparuta minoranza. In passato era decisamente più probabile per due giovani incontrarsi e fidanzarsi. Oggidì le probabilità che ciò occorra sono assai più misurate. Ciò dipende dalle successive osservazioni.

  1. In passato la donna viveva la cogente necessità di trovare un uomo. Lo imponevano i costumi del tempo, lo imponeva un mercato del lavoro mediamente più orientato alla ricerca di professionalità maschili. L’attrazione era pertanto orientata ad ottemperare alla istintiva valorizzazione della stabilità emotiva e finanziaria. Vi erano minori pretese in merito ai canoni estetici del partner.
  2. Uomini e donne hanno perduto la misura. In particolare, la donna è collassata sotto la seducente azione dei social network. Il desiderio del maschio è la pornografia femminile del nostro secolo. Il circuito della ricompensa regolante l’autostima è crollato.
  3. La nostra generazione è affetta della sindrome di Peter Pan. Siamo terrorizzati dalla prospettiva di crescere, di cambiare. Le donne non amano gli eterni bambini. Ho usato la forma plurare benché io abbia da anni abbandonato il nido domestico per rimarcare l’universalità del problema.
  4. Internet ha fallito nel tentativo di surrogare la socialità della piazza. In passato si poteva contare sui naturali anticorpi di una collettività più genuina e sublimante una differente coscienza civica, cosicché i genitori fossero scevri da preoccupazioni legate al festoso gozzovigliare dei propri bambini.
    Piazze e parrocchie pullulavano di giovani adolescenti i quali, immuni da malizie e sofismi, in quei luoghi conoscevano e si innamoravano della persona che li avrebbe accompagnati all’altare.
  5. I fidanzamenti durano poco. Si è completamente perduto lo spirito di sacrificio.
  6. Le madri sono iperprotettive. Confinano il loro pargolo in casa strangolandolo emotivamente. Anche fare a botte o litigare per una bambola è una esperienza. Πόλεμος è anzi madre e regina di ogni dinamica umana. Nascondere il pericolo oggi significa privare il giovane uomo degli anticorpi per affrontare la dura vita domani. Il coraggio e l’esperienza sono strumenti importanti nelle meccaniche relazionali.

Avrei molto ancora da dire in merito alla questione, ma comprendo che il tempo del lettore sia limitato. Mi appresto quindi al secondo set di considerazioni:

Lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare?

Carlo è impiegato e Licia ha un contratto part – time che permette alla coppia di sopravvivere

Sottolineiamo l’ovvio: il presente sintagma prevede che quello precedente sia vero, ossia che Carlo e Licia siano una coppia (affermazione che abbiamo già provveduto a collocare nella disperante posizione che le compete: il regno dell’improbabile).
Fingiamo tuttavia che il problema sia in quattro e quattrotto superabile dal lungimirante consesso dei nostri ministri.
Approdiamo al secondo problema. Carlo e Licia in realtà non sopravvivono. Essi esistono per il lavoro.


Specialmente Carlo, che nell’esempio di cui sopra è un impiegato, trascorrerà lontano da casa dalle 9 alle 11 ore al giorno. Nelle restanti 7 dovrà occuparsi della spesa, delle pulizie domestiche, dell’automobile da lavare, delle bollette da pagare, etc.
Complice la stanchezza mentale accumulata nel corso del giorno, la coppia si incontrerà avendo molto poco da raccontarsi. Con quale tempra mentale dovrebbero discutere di mettere al mondo un figlio?

Giro del mondo in ottanta giorni

I due vivono finalmente insieme

La domanda sorge spontanea: dove?
Personalmente, sono quattro anni che lavoro lontano da casa con la speranza un giorno di tornare nella mia regione d’origine.
Supponiamo che Carlo e Licia si siano conosciuti in Sicilia.
Naturalmente Carlo troverà lavoro in una regione a caso: la Lombardia!
Carlo non è lavativo come la televisione racconta dei giovani. Abbraccia la sua famiglia e in mongolfiera raggiunge l’accogliente Milano.
A questo punto gli scenari possibili per Licia sono tre:

  1. Trova lavoro nella stessa città (10%)
  2. Non intende migrare lontano dalla sua terra, né intende allontanarsi dalla famiglia (10%)
  3. Trova lavoro altrove (80%)
  4. La possibilità che Licia possa vivere a spese di Carlo senza lavorare è pressoché nulla in quanto un solo stipendio per entrambi non sarà mai sufficiente nel contesto delle costose e munifiche città del nord Italia (circa 0%)

Sommando la probabilità parziali che si realizzino gli eventi 1 e 2, è estremamente verosimile che Carlo e Licia debbano affrontare lunghi e sfibranti anni di lontananza geografica. Ciò porta all’inevitabile logoramento della coppia. Non è una certezza, ma cresce linearmente col tempo la eventualità che la coppia possa cedere alla tensione della distanza.
A mio discutibile parare, le storie a distanza non hanno la necessaria solidità per durare.

Carlo e Licia potranno in seguito sposare un autoctono / un’autoctona, ma frattanto potrebbero trascorrere anni. Si rimanda inoltre alla obiettata difficoltà nel trovare partner validi.

A pensare male si fa peccato ma…

Analizziamo quindi la quarta proposizione:

Decidono di compiere il grande passo e sposarsi

Personalmente, per una serie di ragioni che difetto di elencare, ho potuto vantare un discreto palmarès di esperienze amorose. Solo con una o due avrei corso il rischio legale del matrimonio.
Ritengo infatti che il matrimonio abbia assunto sempre più i contorni inqueitanti di una trappola sociale.
Sposarsi e poi divorziare significa contribuire con un lucroso assegno al mantenimento del proprio ex partner (dal quale magari si è stati anche traditi ma non si dispone degli strumenti giuridici per poterlo dimostrare).
Per non parlare dei guai legali, dell’affidamento dei pargoli, della casa comune e via dicendo.
In estrema sintesi: il matrimonio è diventato un istituto troppo rischioso e macchinoso. Meglio non sposarsi.

Am ende…

Come infine spero sia chiaro ai più, la fertilità occidentale non dipende dall’economia, oppure la Germania dovrebbe essere la nazione europea più feconda, cosa che infatti non è.
La Francia resiste in virtù della considerevole presenza di stranieri sul suolo d’oltralpe (l’obiettivo del governo è preservare la bassa età media della popolazione, ma a che costo?)

Per amore del mio popolo immolo me stesso sull’altare del politicamente corretto e confesso le verità che i codardi pennivendoli non avranno mai il fegato di affermare:

L’emancipazione femminile ha costituito un grosso freno alla natalità.
La legge sull’aborto non ha aiutato in tal senso. (Riporto dati oggettivi, non le mie personali considerazioni in merito alla questione)
Il neoliberismo ha sposato l’uomo al lavoro, come potevate illudervi che questi potesse amare anche una donna? (Riporto dati oggettivi, non le mie personali considerazioni in merito alla questione)

Ho detto molto ma non tutto,
Tscüß!

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