L’interpretazione dell’interpretazione dei sogni

L’interpretazione dell’interpretazione dei sogni

L’interpretazione dell’interpretazione dei sogni è solo lo sciocco titolo che la mia ridotta psiche è riuscita a partorire dopo minuti di affliggente indecisione.

In realtà, nell’articolo che segue desidero mettere a fuoco alcuni capisaldi del pensiero Freudiano e in alcuni punti osare delle critiche.

Nella sua interpretazione dei sogni Freud traccia gli assiomi euristici dell’ermeneutica onirica, il metodo che usa è proto-scientifico, nel senso che pur conservando elementi di rigorosa analiticità, non può, per ovvie ragioni, fondare le sue tesi su elementi di Popperiana ripetibilità. Questo perché il vissuto psichico (in senso Husserliano) è unico e irripetibile. Certo è che, spingendo ai limiti estremi detta esternazione, potrebbe inferirsi che anco la più solida delle teorie fisiche sia in realtà alla completa mercé della più ghiotta opinabilità antiscientifica.

Chiudiamo tutti e due gli occhi di fronte a questa cruda verità e pieghiamo la nostra indagine al democratico sensus gentium.

Un sistema di assiomi

Nella sua interpretazione dei sogni, Freud costruisce delle tesi che, nel corso dell’indagine, avendole validate per via sperimentale, assumono il rango di assiomi propri della sua teoria sui sogni.
Non è questa la sede per discettare sulla validità delle tesi Freudiane, se ne vogliono solo annoverare alcune tra le più significative:

  • Assioma zero: ogni sogno ha origine da un desiderio. Non esiste produzione onirica che non sia legata al soddisfacimento di un desiderio.
  • Assioma uno: condensazione. Il sogno può combinare elementi apparentemente differenti in un unico oggetto.
  • Assioma uno bis: spostamento. Il sogno può trasferire il peso semantico di un oggetto su un altro apparentemente innocuo.
  • Assioma due: stati affettivi. Il sogno può mascherare gli stati affettivi.

Ciò non deve stupire, poiché come può evincersi nel capitolo 6, sez. H, par. 2 dell’interpetazione dei sogni, “se un affetto si trova nel sogno, si trova pure nei pensieri del sogno (i pensieri sono gli elementi originari che a mezzo degli assiomi uno e uno bis hanno subito una modificazione), ma non viceversa”.
In sostanza, se osserviamo un affetto soffrire e nel sogno rimaniamo impassibili, è perché nel materiale sorgivo del sogno quell’affetto non esiste, esso è stato prodotto successivamente dalla condensazione e dallo spostamento.

  • Assioma tre: connettivi logici. Il sogno può comunicare attraverso congiunzioni, disgiunzioni e implicazioni. In particolare, le implicazioni si originano da sogni multipli interrotti o modificazioni apparentemente brusche del sogno.
  • Assioma quattro: non esistono discorsi reali nel sogno, ogni stralcio di conversazione discende in realtà da una memoria (eventualmente modificata).

Oltre a queste regole, l’analisi Freudiana è costellata da decine di piccole intuzioni, talvolta supportate da materiale onirico assai scarno, accluso tuttavia alla promessa che nel corso delle sue analisi si sia induttivamente riproposta una dinamica sufficientemente ripetuta da giustificare certe sue asserzioni.

Il materiale del sogno

Entriamo de facto nella sostanza del mio pensiero, nella speranza che il lettore saggio abbia a comprendere che per mancanza di tempo e spazio (trattandosi di un umile blog personale) abbia dovuto operare alcune semplificazioni affatto grossolane nella individuazione delle premesse al lettore.
In primo luogo, desidero allegare alcune considerazioni in merito agli assiomi uno e uno bis.

Sogno e reti neurali


Nel lavoro di condensazione e sostituzione il sogno non usa affatto espedienti magici, esso sfrutta sic et sempliciter l’hardware fisico della mente: il cervello.
Chi abbia esperienza consolidata (o anche soltanto un affaccio) nella matematica delle reti neurali, comprenderà che il supporto teorico per lo sviluppo delle intelligenze artificiali è proprio la rete neurale fisica di cui è costituito il nostro organo cerebrale.

Come in altre circostanze abbiamo raccontato, una rete neurale accetta in ingresso un vettore e ne restituisce un altro. E’ a tutti gli effetti un classificatore.
Immaginiamo di dare in pasto ad una rete neurale una immagine, questa risponderà con un vettore di elementi che in ordine decrescente hanno la pretesa di rappresentare sintatticamente l’immagine in ingresso. Ecco come funziona lo spotamento: l’es intenziona l’oggetto che vorrebbe offrire in pasto all’io, dovendo però sfuggire alla tagliola del super io censorio mostra a se stesso l’oggetto immerso in una scena. In risposta la rete neurale dell’encefalo risponde con un vettore contenente al primo posto l’oggetto stesso e a seguire tutti gli oggetti in stretta correlazione semantica. In base all’intensità della censura del super io sceglie quanto debole o forte la correlazione semantica debba essere, manifestando oggetti semanticamente più lontani o più vicini.


La condensazione funziona esattamente all’opposto, più elementi convergono semanticamente in uno. Matematicamente l’algoritmo lavora al contrario, la rete neurale è sollecitata da più input finché l’immagine in ingresso non soddisfa gli elementi da condensare. Più concretamente, il vettore risultante contiene in sé tutti gli elementi che l’es intende mostrare all’io.

Rete sintattica o rete semantica?

A questo punto il lettore potrebbe credere che io stia avallando la costruzione Freudiana (in stretta relazione alla produzione del materiale dei sogni).
La risposta è totalmente afferrmativa seppure con un fondamentale caveat: dubito che il sogno sia il risultato della sceneggiatura del nostro cervello.

Siamo fatti per viaggiare nuotare

Ipotizziamo l’esistenza di un cetaceo dalla stazza più grande del normale, piacevolemente logorroico e a tratti fastidioso.
Un animale del genere nella realtà non esiste, direte voi.
Eppure nei sogni può esistere senza che alcuno muova obiezioni di sorta.
Perché credere che detto cetaceo sia unicamente il frutto di una condensazione sintattica?
Vi invito ad osservare che gli assiomi Freudiani per l’interpetazione dei sogni sono tutti direttamente o indirettamente legati al collasso delle categorie aristoteliche (collasso che non vuol dire rinuncia).


In particolare, nello stato di sogno pare venir meno il principio di non contraddizione. Soltanto una successiva interpretazione strumentale riesce a garantire linearità analitica al vissuto psichico.
In particolare, l’assioma zero manifesta il collasso delle categorie dell’avere e della relazione, gli assiomi uno e uno bis concorrono al collasso coevo delle categorie della sostanza, qualità, quantità e di nuovo relazione. La categoria del luogo e quella del giacere appaiono spesso accoppiate.

Dulcis in fundo, le categorie dell’agire e del patire sono nello stato di sogno incontrastabilmente giustapposte. Esse attestano più che mai il completo collasso dell’io che perde il presunto controllo sulle cose del mondo (agire) e coesiste col patire (l’Ereignis di cui l’uomo si fa collettore).

Le contraddizioni dell’io

Nel suo collasso, l’io assiste inerme a forme senza forma e luoghi senza tempo.
La consapevolezza è quasi-noetica, tant’è che la comprensione “postuma” dell’evento occorrente in seno all’io discende da presupposti ermeneutici non banali (gli assiomi Freudiani). Che senso avrebbe produrre del materiale che l’io non può comprendere, se non fosse che a comprendere quel materiale in senso noetico debba essere l’anima a un tempo agente e patente? Se fossero veri i presupposti Freudiani, i sogni sarebbero epifenomi deterministici i cui meccanismi si sarebbero forgiati in milioni di anni nella attesa che qualche impavido studioso dell’interpretazione dei sogni ne avesse svelato i segreti reconditi. Sarebbe affatto curioso (eufemismo per: contraddittorio) se ammettessimo presupposti Darwiniani.

L’anima non abbisogna di analisi successive, poiché il lavoro di condensazione e spostamento le è già infinitamente chiaro. Non è neanche da escludersi, contrariamente a quanto precedemente ipotizzato, che sia proprio lei la responsabile del lavoro del sogno.

Sogno come viaggio

La mia personale opinione, i cui presupposti traggono origine dal miscuglio di scienza e letteratura dal quale io provengo, è che il sogno sia la manifestazione di un viaggio. La nostra anima mette da parte il principio di non contraddizione e abbraccia la pura kinesis. Le categorie di causa ed effetto (che in aristotele sono strettamente correlate ai concetti di atto e potenza) docilmente collassano. L’io può recuperarle come ombre proiettate sulla parte di una caverna, poiché ciò che è in alto è in basso, ciò nonostante l’esperienza sorgiva manifesta la molteplcità col tutto-uno. L’io, dal Tutto che l’Essere gli dona, distilla gli elementi occorrenti al suo funzionamento. Freud aveva ragione, i suoi assiomi sono esatti, ma solo perché essi sono logicamente equivalenti alle categorie aristoteliche. Egli ha incosapevolmente tracciato i meccanismi di funzionamento del filtro che l’io usa per incorniciare un vissuto che gli è superiore. Prima lo ridure a misura d’uomo, poi lo tritura all’uopo di soddisfare la categoria della sostanza cui egli è vincolato stante la sua limitatezza.

Questa è la mia interpretazione dell’interpretazione dei sogni. Qual è la vostra?

P.S.: speriamo di non sognare Brulene!

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