Determinismo e libero arbitrio
Su determinismo e libero arbitrio sono stati già spesi fiumi di inchiostro e montagne di parole.
In verità, l’intezione per l’articolo odierno era la messa in opera di un confronto critico tra il dualismo soggetto – oggetto e la teoria delle idee platonica; argomenti che senza dubbio alcuno riserverò ad analisi future.
Nel pomeriggio, tra i video consigliati ne è apparso uno dibattente la materia del libero arbitrio.
L’analisi che si faceva del rapporto tra l’uomo e la materia era prevedibilmentre intrisa di risibile scientismo, preludente alle solite, inevitabili arrampicate sugli specchi.
La posizione scientista
Il Verbo unico che la moderna scienza impone, fonda le proprie argomentazioni sulla arrogante pretesa che l’io ha sul mondo. Esso necessita infatti di un governo stabile delle cose terrene. La sua volontà di potenza gli impone di diradare il caos e dominare l’Essere. Afferma infatti Nietzsche:
Dominare il caos che si è, costringere il proprio caos a diventare forma: a diventare logico, semplice, univoco, matematica, ‘legge’: è questa, qui, la grande ambizione.
Friedrich Wilhelm Nietzsche.
Posto che l’atto volontaristico che induce Nietzsche a dichiarare Dio morto altri non è che il fallito tentativo di spodestare il To Agathon platonico, finendo solo per offrire un nuovo feticcio all’io nella incrollabile fede nella volontà di potenza, la dannazione dell’uomo moderno è comunque lungi dall’essere risolta; egli commette infatti tre ingenue superficialità:
- In prima battuta istituisce l’ente. (1)
- In secondo luogo, per preservare l’ente dal divenire, postula gli schemi d’assiomi e le regole di inferenza della logica Fregeana. (2)
- Terzo: include nelle succitate categorie il suo pensare. (3)
Mi limiterò di seguito a riportare alcune due delle tesi più ricorrenti e le relative critiche.
Ammesso che una volta scesi a compromesso coi postulati di base delle teorie fisiche le conclusioni sono anche ben dedotte, si vuole in ultima istanza sottolineare l’incongruenza di queste ultime con l’esistenza del libero arbitrio nonché le pittoresche contorsioni cui questi moderni dotti debbono affidare i propri propositi nel disperato tentativo di cavare un ragno dal buco.
Tesi più ricorrenti:
Tesi: La moderna tesi scientista vorrebbe che, stando alla meccanica classica, ipotizzando di conoscere tutte le condizioni al contorno, sarebbe sempre possibile, in linea di principio, pre-determinare ogni evento futuro.
Critiche note: non è possibile conoscere tutte le condizioni al contorno, né tantomeno lo stato esatto del sistema.
Questa è probabilmente la tesi più onesta. Esautora del tutto l’uomo dal manifestare un libero arbitrio e ne abbraccia le necessarie conseguenze (non che sia possibile altra scelta stante l’assoluto determinismo cui l’io stesso oltreché l’uomo sarebbero assoggettati). Cionondimeno, ignora deliberatamente l’esistenza del pensiero, relegandolo a mera computazione, pur’essa sottostante ai medesimi assiomi della fisica. Non è dunque chiaro (e i tifosi di questa forma di determinismo se ne guardano bene dal tentare di chiarirlo) quale sia il rapporto tra materia e patema d’animo.
Tesi: Il mondo macroscopico è meccanicistico, mentre quello microscopico è probabilistico. Questa tesi in particolare era particolarmente osteggiata da Einstein, fervente sostenitore di un meccanicismo assoluto.
I sostenitori del presente assunto collocano la coscienza e il libero arbitrio (oggetti di cui rammentiamo sono incapaci di esibire definizione alcuna) in una dimensione psuedo mistica, la cui spiegazione è da attribursi a futuribili comprensioni del mondo. L’idea di fondo è che, molto vagamente, il probabilismo della meccanica quantistica genererebbe la coscienza e che questa sia legata attraverso una qualche sorta di ghiandola pineale al corpo fisico, da cui il libero arbitrio.
Critiche note: non è chiaro come e perché la meccanica quantistica dovrebbe eleggere una coscienza. Tutta la dottrina ha il sapore di un deus ex machina.
Tesi totalmente risibile contro la quale nessuna argomentazione potrebbe prevalere, senonché quod gratis asseritur gratis negatur. Ciò che qui con tutta evidenza si manifesta è la risibile arroganza scientista che tutto pretende di conoscere e quantificare.
Mentre la seconda scommessa è ridicola di per sé, la prima lo diviene alla luce della sconsolata ammissione che ogni zoticone modernista è costretto ad affrontare al cospetto della seguente considerazione sociale: se tutto è deterministico ed in principio determinabile, sono leggittimato a compiere reati? Qui casca l’asino. Tutti, indiscriminatamente, colti da follia collettiva iniziano a dare i numeri, tentando improbabili retromarce che alla fine, in un verso o nell’altro, pregiudicano la propria posizione.
Alcune valide (e non scientiste) soluzioni all’enigma
Una solida via è affidarsi alla fenomenologia e all’esistenzialismo. Ciò implica non assumere gli atteggiamenti (1) e (2) che il modernista pedissequamente sposa. In un certo senso, si accetta una sorta di ontologia negativa, che poi corrisponde al libero accadimento dell’ente che Heidegger e Jaspers in concerto esibiscono, l’uno con la Physis (nella sua accezione Greca) e l’altro con la periecontologia.
Non vogliamo approfondire questa via, ma il lettore potrà trovare solido conforto negli autori di cui sopra.
Altra possibilità, cui ancora si impone accurata riflessione, trova soddisfacimento nei successivi assunti.
Il punto di partenza è il vissuto psichico Husserliano.
Noi osserviamo dei fenomeni e saremmo tentati di attribuirgli etichette e nomi.
Detto erlebnis non discende tuttavia da alcuna estensione fisica, sicché il Vero è il manifestarsi in noi dell’Essere. L’io istituisce l’ente e tutte le presupposte categorie umane. Così facendo, profittando del vissuto psichico primordiale, riscrive l’idea del vero, mutandone il rapporto in una mera adaequatio rei et intellectus e coprendo il mondo col suo velo di Maya. La sfida dell’uomo è di vincere le sovrastrutture dell’io, scardinandone i postulati e rinunciando alle sue categorie. Ciò gli permetterebbe di superare i suoi egoismi ed esprimere la sua amorevole natura in relazione al bisogno del prossimo. Umiliarsi debellando il proprio io.
Ad una indagine approssimativa parrebbero le farneticazioni di un bigotto prono agli emendamenti di Dio, pronto a distorcere la realtà pur di soddisfare la propria ambizione intellettuale.
Tuttavia, una lettura meno superficiale mostra la forza dell’idea; essa infatti riduce al minimo gli assiomi sul mondo. L’apparente conflitto tra determinismo e libero arbitrio appassisce, appiattendosi su un non-problema. L’uomo infatti non ha più da determinare alcuna scelta, se non amarsi quando compie il bene e biasimarsi quando permette il male.
Egli diviene realmente giudice delle sue azioni, serbando la propria responsabilità, ma solo in relazione al corretto giudizio sul proprio agire.
Il pentimento può essere sempre concesso, in quanto non è l’uomo in sé ad aver compiuto il peccato: egli assiste al male e deve prenderne le distanze. La richiesta di perdono a Dio è il simbolo della maturità dell’uomo che avendo assistito al male vi rinuncia. Dio invita al pentimento.
Ciò risolve anche la presunta predeterminazione celeste. Dio predetermina, ma solo nello spazio della materia (o più elegantemente del fenomeno), mentre la libertà è concedibile nella dimensione dell’anima, ove per scelta d’amore Dio non entra né predetermina, concedendo all’uomo la sua libertà.