Diario di viaggio in val di Fassa (Dolomiti)
Diario di viaggio in val di Fassa (Dolomiti)
La diocesi di Acerra, cui la pastorale giovanile esprime deciso riconoscimento, ha organizzato come da tradizione un periodo di sosta dai frenetici ritmi della vita mondana. La meta prescelta è la montagna, con le sfide e le alture che essa appronta per chi sceglie di scalarla. Nel corso della nostra permanenza in val di Fassa siamo stati cullati dalle parole del vescovo Antonio Di Donna. Egli ha tracciato la rotta mediante sei parole di vita in altrettanti giorni di viaggio: sosta, cammino, guida, sentiero, salita e rifugio.
Nella loro forza simbolica, le parole del mons. Di Donna hanno rappresentato una pietra d’inciampo per il passante. Ci hanno ricordato che le sfide e i perigli si fanno puntini minuscoli se osservati dalle alture delle montagne. Le alture vanno però conquistate. Accioché possa seguirsi il sentiero, occorre abbandonarsi e affidarsi ad una guida. Per la comunità cristiana questa guida è in Dio.
Rifugio
La casa che ha curato il nostro ristoro è villa San Carlo. Il meraviglioso staff ha saputo accoglierci rendendo la permanenza gradevole e le pause dolci, viziando giovani e meno giovani con ottimo cibo e cordialità gioviale.
L’atrio della residenza è stato lo spazio comune che ha raccolto le intenzioni di viaggio di ciascuno e fatto risuonare le parole esperte delle guide e del vescovo.
Per non dimenticare la vocazione cristiana di chi crede, non sono mancate le lodi mattutine e la preghiera dei Vespri nella cappella della struttura.
Salita
La montagna si staglia alta e ripida e nella sua grandezza comunica una sensazione di potenza e grandezza. Salire vuol dire scegliere, poiché trasportare il superfluo può risultare esiziale. Anche nelle cose dello spirito occorre praticare delle scelte. Un io troppo ingombrante impedisce all’anima di procedere verticalmente, rischiando di appensantirsi e rifugiarsi nella dimensione orizzontale. Il cuore è il punto di incontro delle due dimensioni. Nella sua accezione fisica è il motore del corpo che scala la montagna, in quella spirituale l’impegno del viadante a salire, lasciandosi conquistare da quelle incuriosi dell’Essere che trafiggendo l’ego disseta le anime. L’incontro tra le due dimensioni è la salita sana, quella che avviccina alla vetta.
La prima salita è stata quella di Poza. Raggiungere la Baita Marino Pederiva è stato un sogno ad occhi aperti. Nel tardo pomeriggio abbiamo fatto ritorno in residenza per la cena e la sera abbiamo passeggiato per la meravigliosa cittadina che ci ha ospitati.
Sentiero
Il secondo giorno abbiamo affrontato la scalata decisiva; non tanto per la ripidità del percorso quanto per la lunghezza del sentiero. La stanchezza accumulata dal giorno precedente ha fatto sì che ogni passo fosse scelto tra i tanti possibili per conservare il fiato. Infine abbiamo domato la montagna raggiungendo il rifugio del Passo San Nicolò. La salita è però soltanto la prima parte del viaggio. La discesa presenta gradienti di difficoltà inediti, tanto che per alcuni è addirittura più difficile della salita. Nel canone della chiesa Cattolica, Dio ridiscende tra i vivi. Pure abbracciando la mia prospettiva laica, non posso ignorare la domanda: cosa sarà la mai la discesa da un monte al confronto della discesa dai cieli?
Nelle foto vi è dato di ammirare un raro esemplare di Giusy Topa.
Guida
Il terzo giorno abbiamo rinunciato a sfidare la montagna (o almeno lo abbiamo fatto in forma assai più blanda), lasciando che fosse un motore a combustione a vincere per noi il campo di gravità.
Abbiamo disceso il sentiero 545 presso l’alta valle dei Fassari. Anche quando il sentiero è già tracciato e la vetta scalata, la guida ha un valore simbolico straordinario. Le nostre guide sono state Vincenzo Castaldo, don Alfonso Lettieri e don Raffaele D’Addio, cui vanno i nostri sentiti ringraziamenti.
Durante il sentiero abbiamo potuto accarezzare mucche affettuose e immortalare fauna boschiva bipede (alias mio cugino Vincenzo Montano). Alla fine del sentiero ci siamo imbattuti in un rifugio di cervi cui abbiamo offerto qualche mela.
Dopo cena la banda cittadina si è esibita in una deliziosa sfilata, cui è seguito un piccolo concerto nella tendostruttura comunale, riempiendo l’atmosfera di magia.
Cammino
Il quarto giorno era libero. Mons. Di Donna ha tracciato un numero di attività tra le quali scegliere. I più arditi hanno scalato le vette del Vajolet. Chi scrive, che ardito non è, ha preferito lasciarsi cullare dai verdi prati della Montagna. La funivia ci ha poi trasportati al rifiugio El Zedron.
Durante la salita abbiamo potuto sperimentare il silenzio della montagna. Tutto pareva assorto, in contemplazione. Financo il vento rispettava la quiete del luogo. Il cammino non è soltanto fatica, ma anche silenzio e salita.
In foto la dolcissima Chiara Crispo e le NON altrettanto dolci Maddalena Venturino e Filomena Maddalena Travigliano (ovviamente scherzo, tutte e tre dolcissime. Ok ho corretto, adesso vi prego, non mi picchiate)
Sosta
Il quinto giorno abbiamo sostato presso il Sasso Pordoi. La bellezza del luogo era trafiggente. La lunga sosta ha permesso alle membra e alla mente di riposarsi, e quale ristoro più sublime della bellezza del creato?
Nella prima foto sono ritratti dalla sinistra Carmela e Giovanni Grieco, Maddalena Venturino, Don Alfonso (in piedi), giovanni Girardi (accovacciato), Maddalena Travaglino, Denise ed io.
Nella seconda foto, dalla sinistra, Viviana, Giuseppe del Prete, Maddalena, Il vescovo Di Donna, io e Giovanni Grieco.
Riposo
La settima parola la aggiungo io. Riposo. Il riposo ristora il corpo e la mente affranti dagli stimoli del giorno, mostrando all’uomo la luce della notte e il suono del silenzio. Sebbene la prima notte il riposo sia mancato a causa del molesto russare di una tal persona, come dice il proverbio “l’occasione fa l’uomo ladro”. Giuseppe del Prete ed io abbiamo pertanto dato nuova vita alle vetuste note del soldato innamorato, proponendo una versione migliorata del capolavoro canoro napoletano.
Il titolo della canzone è “Sonetto p Vcienz“.
Staje luntan’ a chistu liett
Teng suonn mo t vatt
Niente voglio e niente spero
Ca t cocc a tre stanz a me
So sicur ca ‘mo russ
Comm appen chiur l’uochij
(Oje insonnia, oje insonnia mia
A cap, mo perd a cap
È comm na procession
Ma sta croce a faj purtà tu a me) x2
Quante notti nun te veco
Mo te strangol ind o suonn
Nun t’astregn’ ind a nu cappj
Sul pcchè sij cugin a me
Nu scetatem ‘a ‘stu suonne
Me faje chiagnere p te
(Vcienz, Vcienz russ
Viviana arap a port
Mo sceng, mo sceng abbasc
e po m cocc rind a vasc) x2
Finalment t staj zitt
Teng l’uoccj chin e suonn
Mo s’aizz pur Alessj
e cammin fiss tuorn tuorn
‘A cchiù bella ‘e tutt”e belle
Nun è maje cchiù bella ‘e te
Alessia, sij cacacazz
Si stato o primm ammor
E ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me
Ultimo giorno
Il settimo giorno la compagnia ha visitato il rifiugio passo Selle.
E’ stata l’occasione per un momento di emozionante raccoglimento in memoria delle vittime della prima guerra mondiale che hanno offerto in sacrificio alla patria le proprie vite. Le trincee scavate nella montagna raccontano un pezzo di storia di dolore e abnegazione.
Dietro impulso di don Raffaele, è stata pronunciata una pregheria per la memoria delle anime dei soldati morti in battaglia. Le stelle alpine, irte sopra i propri steli, ricordano la veglia di chi scelse la via del sacrificio.
Conclusioni
La montagna tace. Eppure insegna. E’ l’insegnamento dell’esempio.
Scalare la montagna non significa solo salire, significa imparare ad essere d’esempio.
Gli avvunturieri di ieri saranno le guide di domani. La montagna osserva e respira.
Scelgo di concludere il diario di viaggio in val di Fassa con le preziose parole della nostra guida.
Non si camina senza la carta dei sentieri, questa rende più sicuri i nostri passi. Qualcuno l’ha approntata per noi, ci ha indicato vie sicure: in montagna e nella vita diffidate sempre delle scorciatoie. La Parola è la nostra carta dei sentieri, mentre Gesù il nostro sentiero sicuro.
Mons. Antonio Di Donna
Ulteriori ringraziamenti
Il forte grazie dei giovani va anche a Gaetano Crispo e sua moglie.
Fa più rumore una albero che cade che una foresta che cresce, recita il detto.
Il lavoro di Gaetano è stato silenzioso, come la montagna, ma ha permesso che tutto filasse per il verso giusto.
Vogliamo ringaziare anche Chiaretta Cripo e Teresa Anna e i tre piccoli bimbi per l’allegria che hanno portato.
Ulteriore ringraziamento va a Denise de Lucia e Maddalena Venturino per avere animato il viaggio e i momenti di preghiera con la loro musica.
Il mio personale ringraziamento va alle due Maddalene e a Viviana che hanno sopportato il mio bussare molesto.
Grazie infine a Pasquale che ha abilmente condotto l’autobus e a tutti gli altri astanti che hanno riempito di luce la permanenza nella verde terra Trentina.
Per approfondire le attività della comunità pastorale giovanile vedi anche: diario di viaggio a Greccio