Non mi invitate ai matrimoni
Non mi invitate ai matrimoni, per favore.
Non riuscirei a sostenere il peso della cerimonia. Più di mezza giornata fuori casa è troppo per me, per di più in camicia e cravatta! Abbiate pietà!
Avete scelto voi di sposarvi, mica io. Con quale coraggio, poi?
Solo di recente ho incontrato una donna che avrei giudicato degna di un simile sforzo intellettuale, ma l’opportunità è andata perduta e con essa un turbinio di sogni mai vissuti.
Vallo a spiegare agli sposi che io non mangio pesce. Vero è che riuscirebbe a sollazzare i miei insanziabili appetiti persino il menù per bimbi, ma subito appresso dovrei socializzare per ore con gli altri convitati.
Io non socializzo, io tengo discorsi. Avrei sùbito nostalgia dell’opportunità persa di leggere l’ennesimo libro mentre invece dovrei ascoltare i vaniloqui della Angela di turno, desiderosa di sproloquiare su idiozie senza capo né coda. Solleticatemi la mente, producete discorsi colmi di senso!
Non mi invitate ai matrimoni, sono un pessimo ospite.
Se almeno avessi una mano da afferrare, una mano che mi faccia coraggio suggerendomi l’amorevole presenza di una dolce riccia partecipe della mia sofferenza! Quella sofferenza muterebbe in gioia!
Comunque auguri agli sposi, eh! Mica ce l’ho con voi, ma non mi invitate ai matrimoni!
Chi non ce l’ha fa, rac-coglie
No, non ho disimparato l’Italiano, per quanto una giovane maestra non guasterebbe a rinfrescarmi un po’ le sciupate memorie. Temo proprio che però il mio me sognante abbia sul serio bisogno di una maestra.
Questo delirio linguistico raccoglie in verità tutta la portentosa genialità del pensiero inconscio.
Abbandoniamo definitivamente le querule matrimoniali (altrui) e sofferiamoci su due miei sogni recenti.
Del più vicino ricordo distintamente solo la frase “chi non ce l’ha fa, rac-coglie”.
Le frasi nei sogni solo solitamente le più ostiche da interpretare. Esse sono rebus nascondenti semantiche obliate. Dopo quasi tre giorni di riflessione sono giunto alla seguente conclusione: la frase in questione nasconde due verità profonde. La prima è di immediata interpretazione. Assumiamone la corretteza grammaticale, ottenendone pertanto la forma contratta “chi non ce l’ha, raccoglie”.
Essa è l’ovvia contrazione di una frase più lunga “chi non ce l’ha (una certa cosa), raccoglie [le briciole]”, come a testimoniare l’esistenza di una conditio sine qua non all’uopo di non accontentarsi in certi contesti. Per delicatezza ritengo utile interrompere qui l’analisi.
La seconda verità è legata alla palese sgrammaticatura presente in essa. La mia mente ha aggiunto un “fa” di troppo, sì da compromettere la giustezza sintattica della frase. Questa seconda interpretazione è una acquisizione recentissima. La frase è stata sgrammaticata proprio per sottolineare il bisogno urgente di una maestra.
Quanto è geniale il mio inconscio?
Per salire devi pagare
Il sogno meno recente (sognato la notte precedente di quello testé raccontato) si compone di due scene.
Nella prima scena pago l’abbonamento di un treno, estraendo una banconota di 20 euro, esattamente come successo la sera di sabato 4 Ottobre, quando pagai tre cornetti offrendoli anche ai miei cugini.
L’operatrice sbaglia a darmi il resto (di circa 4 euro) e io me ne compiaccio.
Nella scena successiva mi ritrovo in attesa presso la banchina del treno.
Il significato del sogno è estremamente semplice.
La seconda scena fa normalmente da premessa maggiore alla prima.
Se vuoi prendere il treno, allora devi fare il biglietto.
Ovviamente il treno non è un treno, e il biglietto non è un biglietto.
Contestualmente mi prendo una piccola vendetta nei confronti del destino (nel sogno la cassiera sbaglia il resto), che date alcune circostanze ha fatto sì che i miei cugini non ringraziassero per il cornetto offerto.
Deve sempre essere chiaro che il contenuto latente del sogno è del tutto egoico e che l’inconscio ingigantisce problemi inesistenti al vaglio della ragione.
Chi ha potuto comprendere la profondità di questo articolo in tutti i suoi livelli, ha ricevuto il corteggiamento più sublime (e intellettuale) mai cogitato in saecula saeculorum.
Qualunque cosa abbiate afferrato, non mi invitate ai matrimoni!