Lo spot di Esselunga
Lo spot di Esselunga è più di una pubblicità, è un tuffo nel passato per moltissimi uomini (inteso in senso trasversale, maschi e femmine) che hanno sofferto la piaga del divorzio.
Oggi voglio scrivere la mia storia. La storia di un bambino in cui genitori non hanno mai divorziato de jure, ma che lo furono de facto.
L’unità degli opposti
Da bambino vivevo la dimensione familiare, specialmente quando accopagnata dalla presenza dei miei genitori, con sentimenti di somma gaiezza.
A distanza di diversi anni riconosco talune incompatibilità caratteriali intrinseche nell’etologia comportamentale dei miei genitori, ma non è questa la sede per discettare sui pregi e i difetti di chi mi ha donato la vita, né mai lo sarà, dacché certe storie non hanno altra sede se non la incorrotta coscienza dello scrivente.
Quanto ancora la mia memoria trattiene è il marcato senso di benevolenza che in me si manifestava in presenza dei miei genitori. Ne ricercavo la presenza perché apprezzavo la loro compagnia.
Ero un bambino affatto fiducioso nelle cose del mondo, stimavo incorruttibile l’elevato valore della lealtà, che offrivo e ricercavo nelle altre persone. Un patto era il romantico suggello di una amicizia, una vena di sangue che attraversa due cuori.
Dualità
Appresi la disfunzionalità insita nelle mie credenze quando realizzai l’incoerenza del mondo. La fallacia di certe promesse, gli inganni amicali, la rottura di certi patti non scritti compromisero la mia fiducia del mondo.
A ciò si aggiunse la consapevolezza, oramai implacabile, che il nido domestico seguiva le medesime sorti del mondo. Scoprii che i genitori potevano non essere uno, che le due persone alle quali più tenevo potessero litigare e farlo in modo anche piuttosto accesso.
Appresi che sovente la ragione della rottura dell’unità discendeva dalle impresentabili monellerie (e qui mi taccio) delle mie sorelle, di età assai più navigata (la più piccola vantava oltre 7 anni più di me).
Una delle due, che per riserbo non dovuto evito di indicare più analiticamente, non aveva mai parlato con mio padre. La mia intera infanzia (e un buon pezzo dell’adolescenza) si sono dipanate nella apparente normalità di una consanguinea che nella più totale impunità non rivolgeva la parola al mio genitore. Questo rappresentò per me un forte indizio circa la lacunosità nell’azione educativa dei miei genitori.
Dispiacere e rimozione
Si aggiungano frequenti e violenti litigi che esplodevano all’improvviso e che producevano in me emozioni cupe e dispiaceri acuti. Attorno ai sette anni per la prima volta piansi per lo stato delle cose che stava imponendosi come la normalità.
Qualcuno (sicuramente le mie sorelle) mi parlò della possibilità che i miei genitori potessero divorziare, che nell’anima di un bambino doveva significare la definitiva rottura dell’unità.
In quegli anni ero particolarmente legato a mio padre. Mia madre (sicuramente inconsapevolmente) riuscì a produrre in me una forte disaffezione alla figura paterna. Solo successivamente, quando anche mio padre realizzò che mia madre mi raccontava aneddoti non felici che avevano l’effetto di allontanarmi da lui, a sua voltà iniziò a parlarmi di mia madre, delle difficoltà interne alla famiglia e così via.
Si innescò, seppure in misura forse ridotta, il classico circolo vizioso tra genitori in lotta che provano a discolparsi coi figli per le (vere o presunte) colpe che l’altro coniuge affibbia loro.
Divorzio sì, divorzio no
Ricordo distintamente il seguente fatto. Eravamo in villeggiatura a Paestum. Mi fu raccontato dalle mie sorelle che nella borsa di mia madre sarebbe stato rinvenuto un bigliettino che riportava i nomi dei tre figli. Acconto al nome delle due sorelle maggiori serpeggiava un poderoso “sì”, mentre accanto al mio un distinto “no”.
A quell’epoca avevo poco più di otto anni. Fui quindi aiutato a comprendere che probabilmente si riferiva agli “impedimenti al divorzio” che ancora trovava mia madre.
Io non volevo, questo era chiaro a tutti.
Già prima di questo evento ero consapevole di essere il Catechon. Mi facevo piccolo piccolo per non costituire ulteriore intralcio. Ero diligente e servizievole dove potevo. Tutto perché i miei genitori non divorziassero. Puntualmente però, le ripetute mancanze delle mie sorelle facevano divampare il fuoco della discordia, temporaneamente attenuatosi, che io speravo potesse estinguersi per sempre.
Iniziai a detestarle, e ad oggi per altre ragioni non godono della mia simpatia.
Ad un certo punto della mia vita, in piena adolescenza, fui posto di fronte ad una scelta. Compietti un immenso sacrificio e per l’ennesima volta riuscii a preservare l’unità genitoriale, per quanto malconcia e artificiosa.
Il cambiamento
In seguito accaddero molti altri fatti, a seguito dei quali compresi che i miei sforzi erano vani. I miei genitori, e in mondo particolare mia madre, non riuscivano ad imporsi. Alla melanconia subentrò la frustrazione, alla frustrazione lo scoramento.
Avevo principiato a mal sopportare tutti, a ragione di una lunga sequenza di scelte assurde che si compiettero in quegli anni.
Ad un certo punto, dati i continui litigi con mia madre, arrivai a spingere mio padre ad andare via di casa.
Questa cosa ebbe dolorosamente a realizzarsi, sebbene ancora oggi non comprenda quanto determinanti fossero state in questo senso certe accese discussioni occorse con lui.
Quello che resta della mia infanzia, oltreché numerosi momenti di gaudio già contemplati, sono le lacrime di un bambino che non riusciva ad accettare che a causa di spinte endogene i miei genitori potessero non trovarsi d’accordo.
Conclusioni
Concludo riportando l’attenzione sullo spot di Esselunga.
Io sono la bambina della pesca. Anche se i miei genitori non hanno mai divorziato è come se lo avessero fatto.
La saggezza (o presunta tale) mi ha portato a concludere che non necessariamente il divorzio è in assoluto un bene o un male. Forse, al netto di certi fondamentali elementi che si perdono, si acquisisce una diversa serenità familiare. Si smette di sentirsi responsabili per gli altrui fallimenti e del comportamento sconsiderato di chi ci circonda. Non ho una risposta definitiva sul tema del divorzio perché non so chi sarei oggi se i miei genitori avessero scelto quella via.
Tutto quello che so e che quando avrò una famiglia lo farò perché avrò trovato una donna con la testa sulle spalle e sulla quale so di poter contare. Non ho alcuna intenzione di sposarmi per solitudine repressa. Se desidero una donna posso averla abbastanza facilmente, ma io non voglio solo una donna, voglio una compagna di vita che mi permetta di non replicare gli errori dei miei amati genitori.