Evviva i pazzi
Devo mettervi a parte della mia singolare passione per i fatti insoliti. Più un evento è singolare e inusitato, più suscita in me sbalordimento e stupore. L’intrigo maximo attiene alla psiche umana e ai suoi conturbanti processi interiori.
La ammiccante tentazione di aprire un lungo e insidioso sipario filosofico mi arrovella, mi costringerò perciò ad una prosa più poetante e meno analitica, allo scopo di cogliere l’attenzione del lettore nel cuore anziché nella mente.
Nel codice dell’anima, James Hillman introduce la seducente teoria della ghianda.
In estrema sintesi si denuncia l’eventualità che le nostre pulsioni siano dettate dalla intima rappresentazione che la nostra anima ha di sé, essendo già pre-informata del destino cui essa è destinata.
Tale eventualità rientra a pieno titolo nella succitata collezione di idee cui la mia curiosità anela, trovando anche ampio spazio la fascinosa condizione dei pazzi.
Il sensus gentium banalizza la pazzia attribuendole eziologie rassicuranti. Dalle sempreverdi delusioni amorose alla rassegnata e proclamante constatazione di una intrensicità genetica della follia.
Io ne sono sempre meno convinto.
Costringiamoci ad esaminare la psiche dei cosiddetti pazzi. In cosa davvero si sostanzia la
loro presunta follia? Evidentemente, nella apparente instabilità ed alienazione mentale in relazione a certi stimoli sociali che agiscono in loro da trigger.
Deviazione
Deviazione è la parola chiave. I loro comportamenti deviano dalla massa di pensieri, azioni e idee ritenute generalmente accettabili. La media dei comportamenti definisce pertanto la normalità. Alla stessa stregua, la media delle semantiche crea e attribuisce i nomi agli enti.
L’etologia umana non differisce poi troppo da quella animale. Nasciamo ammantati da una fitta rete di usi e costumi, convenzioni sociali non opzionali, abitudini, coreografie, luoghi comuni. Nella ingarbugliata giungla di possibili interpretazioni del mondo, lo zeitgeist della civiltà in cui veniamo al mondo ne ha già ritagliata una su misura per noi, offrendo succedaneo alla libertà il lebensraum del gusto. E’ infatti socialmente accettabile che una data pietanza possa non piacere o che, entro certi limiti, si coltivino certe ardite passioni, ma superato il confine di ciò che è comunumente ritenuto ordinario, si attiva implacabile la censura sociale. Definisco una simile condizione “libertà di trascinamento”.
Libertà
Trovo affatto risibili certi condizionamenti sociali di stringente attualità promossi al fine di rigettare l’incoluazione di farmaci salvifici in nome di presunte e inviolabili libertà individuali senza accorgersi che la propria libertà si esaurisce nell’atto stesso della nascita.
Il pazzo è il bias. E’ l’elemento non riconosciuto dalla gigantesca rete neurale del cosidetto buonsenso. Dal punto di vista del pazzo, i pazzi siamo noi, poiché egli dispone di una sua propria dimensione cognitiva il cui buonsenso differisce dall’aggregato psichico dominante.
In effetti, il pazzo è fuori dalle dinamiche dell’io. Egli è saggiamente lungi dalla tirannia della media.
La malattia dell’io
Chi è dunque il principale imputato al corretto adeguamento della propria condotta all’etologia sociale dominante? Naturalmente l’io, che nel suo processo di apprendimento rinuncia alla pazzia infantile e si rifugia nella rassicurante vulgata comune.
Sin da bambino abbraccia i primi assiomi comportamentali da cui ne deriva di nuovi, in un processo di masochistico autoincatenamento alla eggregora collettiva.
Dio salvi i pazzi
Perché loro rinunciano ad una interpretazione per abbracciarle tutte. Scevri da ogni assioma comportamentale essi vivono come sospesi dal tempo, sicché, seppure in loro latenti, essi hanno rinunciato ai naturali meccanismi di inferenza logica cui ogni individuo è immancabilmente dotato. In loro la stessa proposizione è vera e falsa, e il falso e il vero sono solo fantasmi, spettri cui il comune eloquio non può rinunciare senza tradire la sua intima e schernevole natura. Evviva i pazzi!
Deshalb ich will verrückt werden, Evviva i pazzi.
Per quanto detto, impazzire è la chiave per trascendere.
La teoria della ghianda ci insegna che la nostra anima è attratta da ciò che si ambisce a diventare. Io da sempre ambisco a superare la dualità, perché avverto l’inganno del mondo, degli enti, della falsa natura dell’io e delle sue spettacolari manipolazioni. Sono sempre più solo in questo mondo solo. Anelo alla pazzia come un galeotto alla libertà. Voglio distruggere l’arrogante scienza e le sue egoiche pretese, emanciparmi dalla felicità per consegnarmi alla gioia. Ecco perché sono così attratto dai pazzi. Evviva i pazzi.
Quando infine sarò di nuovo bambino mirerò la grande luce dell’origine, rivivrò tutte le vite possibili nell’implacabile attimo che separa il presente dal futuro e sazio di gioie tornerò a te per ristorarmi e riscattare la tua promessa. E allora l’uno sarà tutto e il tutto sarà uno.
Pare che i pazzi non sanno di esserlo.
Infatti crediamo di essere sani.