Concupiscenza, grandiloquenza e perché no, un po’ di sana demenza.

Concupiscenza, grandiloquenza e perché no, un po’ di sana demenza.

Dove ancora una volta la carne inferma non riesce a trattenere passioni e cupidigie e pecca di pravità e lussuria, sussurra falsità alla mente e mostra in modo inequivocabile che l’istinto di morte prevale spesso sull’istinto di vita.

Non me ne voglia a male il lettore accorto che abbia a riconoscere nelle mie parole tracce di sé, sicché ogni più minuta esperienza umana è marchiata nella carne coi nomi e i volti delle comparse che al pari di sedule ancelle compagnano l’uomo dalla fulgida alba alla gloriosa compieta e inflessibili e premurose sagomano l’epilogo e il principio della vita dell’uomo.

Se il sonno della ragione genera mostri, il deliquio dell’anima è assai più funesto.
Tu che leggi, sai che scrivo per te. Così almeno una volta mi informasti.
L’istinto ti suggerisce che ogni sillaba rassegnata e prona nasce per te. Accigliata e ferita inali impassibile gli effluvi della memoria, ti interroghi sopra il tuo valore e ti incarichi di avversarmi.

Certo potrei illudermi e la tua è già indifferenza, ma concedimi almeno il beneficio del dubbio e l’ultimo grandiloquio, stavolta a strenua difesa della mia stolida condotta.

Come possono due cuori battere all’unisono se la loro sorte è già segnata?
L’amore Platonico releghiamolo alle romantiche aspettative dei grandi poeti, ai trastulli di inguaribili romantici e alle loro singolari fantasticherie.
La vita vera è altra e tu me lo insegni con la tua infrangibile risolutezza. Sincera e concreta penetri fin nelle ossa. Tu sei donna e ferma come la roccia. In te trovai il mio faro, la terraferma che dopo un naufragio accoglie il naufrago sulle confortanti rive delle sue spiagge. Il tuo calore lambisce la pelle e la colora dello sfavillante ardore dei baci che aneli e dispensi. Ogni lembo della tua pelle è custodia di gioie e riparo da angosce.

La solitudine mi avvince. La tua assenza è esiziale. Bramo toccarti, saggiarti, farti piccola come uno spillo e poi grande come un cielo trapunto di stelle, agirti ed essere agito.
Ma la nostra distanza è segnata, avversa la sorte che ci lega.
Ho bisogno di te, ma ho bisogno di cercarti altrove. La ragione non placa l’elicito del cuore.

Fosti riparo dalle intemperie, ma la tempesta della vita imperversa anche quando sei lontana.

Indeciso non vuol dire insicuro, ma l’incertezza insedia l’amore. Offrimi la presenza viva della tua carne e sarai la sola, puniscimi col tuo spettro e non saprò placare la mia cerca.

Sia questa la mia lettera d’amore per te.
Sempre tuo,
e tu sempre mia.

Gli opposti si attraggono 🙂




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