Alcuni numeri non esistono

Alcuni numeri non esistono

Ci accingiamo a presentare un tema più insidioso di un campo minato. Sulla natura del numero si dibatte da millenni, senza per questo essere giunti ad una soluzione definitiva. L’eterna diatriba apre a due scenari apparentemente inconciliabili: il numero è un’idea oppure un concreto oggetto del mondo che viene all’apparire?

In totale onestà, riteniamo che la domanda così com’è sia mal posta.

Lo sviluppo dell’infante

Invitiamo il lettore a riflettere sullo sviluppo psichico dell’infante; al suo esordio nel mondo, il bambino non sa di essere e non perché gli manchi l’intelligenza per comprenderlo, al contrario, egli è totalmente immerso nel dominio della preesistenza. La sua giovane anima riceve impressi gli stimoli che l’essere offre al suo pensiero impersonale. I due oggetti, pensiero ed essere, sono coevi e indifferenziati. L’uno richiede l’altro e la loro distinzione è soltanto verbale, sicché essi sono Uno e niente fuori di Uno.

Torneremo nel seguito, quando avremo edificato strumenti teorici di maggiore sofisticazione, ad operare delle precisazioni sull’infelice lignaggio dal sapore tenacemente numerico che certe espressioni filosofiche conservano nel proprio repertorio linguistico.

Figura 1 – Nei suoi primi mesi di esistenza, nell’infante non si è ancora consumata la frattura dell’io

Frattanto il bambino è cresciuto. Egli si appronta a nascere. Congeda definitivamente l’essere è diviene un io. La prima frattura si consuma quando la sua mente principia a recintare i confini del sè. Io, non io. La prima affermazione dell’io è una negazione. Il tempo foraggerà l’io del nascituro di nuovi ed inediti vissuti. Questi se ne avvale per operare nuove fratture.

Finalmente egli pronuncia la sua prima parola, poi la seconda, infine disporrà di un dizionario di tutto rispetto che gli permetta di sopravvivere al mondo.
Nel novero delle parole apprese potrà senza dubbio figurare anche qualche numero.
Egli usa il numero senza porsi domande sulla sua reale essenza. Tra la possibilità di scegliere tra due o tre caramelle, sceglierà indubbiamente la seconda opzione. Torniamo perciò alla domanda centrale di questo capitolo, il numero esiste a prescindere dall’uomo o ne è una sua emanazione? A tale scopo, è utile richiamare per sommi capi certi concetti di intelligenza artificiale (o meno generosamente, di classificazione artificiale). Come per l’uomo, anche per la macchina è possibile apprendere nuove parole.

Per chi desiderasse approfondire, si rimanda al capitolo sull’intelligenza artificiale.

L’io e la macchina

Non sussite alcuna effettiva differenza nelle procedure di apprendimento. Tanto l’io quanto la macchina funzionano a mezzo di complessi meccanismi di retroazione, la cui ragione ultima è l’istituzione di nuove procedure che permettano all’io di violentare le proprio memorie per reciderne un certo oggetto estraendolo dal suo contesto.


L’uomo è pertanto in grado di classificare oggetti, ovvero recepire parti utili di un contesto e assolutizzarle. Si supponga allora che al repertorio delle funzioni dell’io non sia data questa possibilità. Il vissuto psichico non potrebbe esistere nell’io nella sua finitezza, sicché l’essente non avrebbe ancora consumato la rottura con l’Uno. Non esistono parti e pertanto non esistono confini: di conseguenza non v’è neppure spazio per il numero.

Approccio con reti neurali


Invitiamo il lettore ad un esperimento mentale che risulterà affatto immediato se questi sia già avvezzo al funzionamento di reti neurali ad apprendimento profondo (deep learning).

Figura 1 – Esperimento numero uno

Voglia il lettore indicare l’elemento comune nella tripla di immagini riportate.
Siamo sufficientemente convinti che chiunque, ancor prima di sforzarsi di partecipare all’esperimento, abbiamo già richiamato alla corte del proprio io l’idea della sedia.

Aggiungiamo un ulteriore grado di complessità.

Figura 2 – Esperimento numero due

Lungi dal voler abusare della sua pazienza, voglia il lettore indicare l’elemento comune nella tripla di immagini riportate.
Siamo sufficientemente convinti che chiunque, ancor prima di sforzarsi di partecipare all’esperimento, abbiamo già richiamato alla corte del proprio io l’idea del tre.
Lupus in fabula. Ecco la vera essenza del numero. Esso è un oggetto come tutti gli altri; “albero”, “gatto”, “sedia”, “quattro” sono tutti complessi oggetti dell’io che tuttavia qualunque algoritmo di intelligenza artificiale potrebbe giungere ad apprendere con disarmante semplicità.
Si pone allora il successivo problema.

Quei numeri particolarmente grandi, poniamo dodicimilaquattrocentocinquantaquattro, come si collocano in relazione alle velleità indagatrici dell’io? Evidentemente, osservando una scena così grande da contenere un numero tanto vasto di oggetti, l’io non riesce ad inquisire il dodicimilaquattrocentocinquantaquattro.

Alcuni numeri non esistono

Si dà il caso che il numero in oggetto non esista in seno all’io.
Dodicimilaquattrocentocinquantaquattro è solamente il nome attribuito al risultato di un algoritmo ricorsivo che elabora quantità e l’unica effettiva proprietà di cui possa fregiarsi è quella d’essere il successore del successore del successore… del successore del numero uno.
Esso non è immaginabile al pari di una sedia rossa di cartapesta con braccioli e spalliera.
L’unica reale essenza comune ad entrambi gli oggetti è la loro funzione, il successivo impiego che a queste frazioni di memoria si voglia attribuire.


Risulta perciò implicito che alcuni numeri siano diversi da altri, e la differenza specifica sta esattamente nella capacità dell’io di riconoscerne la presenza nel contesto.
Detta considerazione comporta una conseguenza di elevato valore speculativo: l’io dell’uomo può contare solo a gruppi di uno, due… cinque, forse nove.

Alcune persone di eccezionale rarità possono riconoscere a un tempo gruppi di oltre quaranta oggetti. Per costoro tuttavia le cose tendono a complicarsi laddove gli oggetti in questione siano distribuiti in una dimensione di sviluppata tridimensionalità.

Così come per i comuni oggetti, anche per il numero la mente ricerca modelli (pattern) cui attribuire etichette.


Concludiamo mostrando che l’eterna scommessa tra Platone e Aristotele debba concludersi in un pareggio di fatto: alcuni numeri sono idee, altri meri nomi attribuiti ad algoritmi. Purtuttavia, privata del supporto della molteplicità, all’idea è escluso di esistere, sicché la sua esistenza è relegata al dominio degli oggetti noti all’io pensante (sempre che non si scelga di accettare più estreme tesi solipsiste) e da essi edificata.

Conclusioni

L’ultima provocazione vuole scardinare la fuorviante, benché pacifica, abitudine a riferirsi all’essere con fraseologie o forme linguistiche che richiamano intimamente il concetto di numero, – l’Uno, il Tutto – e così dicendo. L’Essere è accessibile all’ente solo a seguito del tramonto dell’io, ciò implica che sia impossibile pensare ad esso come la mera somma delle sue parti, sicché la parte è un oggetto prodotto e confezionato dall’io.

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