Il circuito della ricompensa

Il circuito della ricompensa

Quello che ci apprestiamo a scrivere è il primissimo articolo di una lunga ed indefinita serie di pensieri, interventi e riflessioni. Il titolo dell’articolo non è solo l’argomento di cui tratteremo nel seguito, ma anche la ragione pratica che ci ha offerto la motivazione a ritagliarci uno spazio dialettico libero da censure.
I lettori più attenti avranno certamente constatato l’inusualità della forma verbale in uso, declinata alla prima personale plurale. Sebbene a certuni possa apparire sgradita, essa ha un uso affatto preciso di cui tuttavia tratteremo in un successivo articolo.
Cos’è il circuito della ricompensa? Sobriamente, il primo assioma proprio del comportamentismo Pavloviano.
L’ipotesi funzionale è molto semplice. Immagini il lettore un cagnolino randagio affamato che sia appena stato adottato dal suo nuovo padrone. Questi ha imbandito per il nuovo ospite un delizioso banchetto di carne di manzo confezionata. Quale prevedete essere la reazione dell’amico scondinzolante quando il padrone si accingerà ad aprire per la prima volta la scatoletta di pappa per cani? Sorprendentemente nessuna, in quanto il cane non ha ancora associato l’immagine della scatoletta al conseguente appagamento dei propri appetiti.
L’azione diviene nota solo se ripetuta. Al decimo spuntino, il cane intralcerà il cammino del padrone sino alla ciotola per l’estasi che la scatoletta di pappa susciterà nei suoi circuiti neuronali.
Il circuito della ricompensa è pertanto un sistema di autoappagamento che ha la funzione di creare relazioni tra oggetti (intesi in senso lato).
L’importanza del circuito della ricompensa è tuttavia appena scalfita. Esso può infatti assecondare anche feedback negativi. Sempre fantasticando nell’ambito canino, un esempio – a tratti infelice – è quello di un cane al cui collo è installato un collare che rilascia scosse elettriche ad alto voltaggio, non mortali ma dolorose. Il collare si attiva quando il cane abbaia. In nessun altro caso il collare rilascia la corrente elettrica. Il cane imparerà in breve tempo a ponderare la proprie azioni in ragione della punizione impartitagli dal collare, cessando il proprio molesto abbaiare.
In teoria dei sistemi, il circuito della ricompensa è schematizzato da uno schema a blocchi a retroazione negativa.

Figura 1 – retroazione negativa, cane condizionato

In fisica esistono strumenti appositi atti a studiare e classificare il comportamento di sistemi dinamici. Si fa uso di sofisticati strumenti matematici (quali ad esempio la trasformata di Laplace) per semplificare lo studio dei diagrammi a blocchi. Ipotizziamo che l’ingresso del sistema sia lo stimolo ad abbaiare. Orbene, quale cane resisterebbe allo stimolo ad abbaiare al postino che quatto quatto si avvicina al giardino di casa per consegnarvi l’ultima rata dell’IMU?
Ebbene, lo stimolo in questione non è placato da alcuna correzione, sicché il segnale raggiunge interamente il sistema (l’apparato abbaio-motorio del cagnaccio) che prende ad abbaiare come un ossesso (risultato)
Un sistema del genere si dice “in libera evoluzione”. Segue istinti puramente canini e non è controllato da alcunché, se non dall’ingresso del sistema (lo stimolo ad abbaiare dipeso dalla presenza del postino)
Supponiamo che il numero di bau sia proporzionale allo stimolo in ingresso.
Ipotizziamo una generica assegnazione alle variabili del sistema.

  • Ingresso = 10
  • Sistema = 1 (abbiamo poc’anzi ipotizzato che il numero di bau sia proporzionale all’ingresso)
  • Correzione = 0

Una tale assegnazione sulle variabili ci permette di affermare con epistemologica tranquillità che il cane abbaierà 10 volte: risultato = ingresso x sistema = 10 x 1 = 10.

Figura 2 – sistema non retroazionato, cane non condizionato


Applichiamo a questo punto il collare elettrico al nostro amico a quattro zampe.

Si avrà una correzione proporzionale alla differenza tra l’obiettivo ed il risultato.

Il risultato è un parametro a nostro piacere che nel caso di specie individua quante volte vorremmo che il cane abbaiasse. Supponiamo che il nostro obiettivo fosse che il cane si tacitasse del tutto.

In tale ipotesi si ha:

  • Ingresso = 10
  • Sistema = 1 (abbiamo poc’anzi ipotizzato che il numero di bau sia proporzionale all’ingresso)
  • Obiettivo = 0

A questo punto riflettete sulla figura 1. Quanto varrà la correzione? Correzione = Risultato Obiettivo = 10 – 0 = 10.
Così facendo, al termine dei 10 abbai, il nostro amico scodinzolante riceverà una scossa così forte che il dolore lo stordirà per diversi minuti. Al momento, come per la pappa in scatola, egli non ha ancora associato il dolore scaturente dal collare con il suo abbaiare molesto. Non esiste ancora una siffatta relazione nella sua mente. A lungo andare, il cane sarà totalmente scoraggiato dall’abbaiare in quanto, sebbene lui lo desideri ardentemente (ingresso), la correzione azzererà lo stimolo, in quanto nel sistema entrerà un segnale pari a ingresso correzione = 10 – 10 = 0.
Se avessimo voluto semplicemente ridurre la frequenza di abbaio, avremmo dovuto seplicemente impostare l’obiettivo ad un livello più basso. In questo modo, nonostante il dolore, quando il cane ritenesse di dovere davvero abbaiare per le più disparate ragioni canini, sopporterebbe il dolore ed abbaierebbe.
Questi sono i fondamenti concettuali della teoria dei sistemi e della retroazione negativa. I fondamenti matematici sono ad appannaggio di fisici, matematici ed ingegneri.
Dovrebbe essere finalmente chiaro il valore del circuito della ricompensa.
Esso è probabilmente uno dei più basilari meccanismi di funzionamento del cervello di qualunque essente facente parte del regno animale.
Prima di giungere al cuore dell’articolo, desideriamo tuttavia offrire un curioso corollario per premiare il vostro circuito della ricompensa dell’attenzione fin qui osservata.
Cosa sarebbe occorso se il cane avesse riconosciuto che il fautore delle scosse fosse il proprio padrone? Egli non avrebbe messo in relazione l’azione dell’abbaiare con il dolore, quanto piuttosto la vostra presenza con il dolore. Il risultato è che avreste rischiato una feroce aggressione dal vostro animaletto.

Giungiamo infine a svelare le ragioni reali che ci hanno spinto ad installare un web server e porvi in essere le mie riflessioni.
La ragione principale è che i social network hanno principiato ad affermare una verminosa forma di censura. Troppo spesso, al preciso scopo di urtare le altrui coscienze, lo scrivente adopera un linguaggio indisponente e provocatorio. Riteniamo che, nei ridottissimi spazi di azione del proprio io, ciascuno sia sovrano dei suoi pensieri. Il moderno nichilismo ha partorito un linguaggio nuovo, politicamente corretto, inclusivo, sorridente e petaloso. Chiunque non parli la lingua del padrone è assoggetato al pubblico ludibrio o alla gogna mediatica. Ci hanno convinti che il re sia vestito dal capo ai piedi di lussureggianti abiti di seta e oro. Pochi oggi vedono e affermano la nudità del re.
Quando da ingenuo e assiduo fruitore di Facebook condividevo le mie riflessioni sul social network, il circuito della ricompensa raccoglieva con soddisfazione la socialità che inevitabile ne scaturiva. Lo scrivere è inebriante: d’altronde siamo animali sociali, comunicare è parte della nostra natura. Nel Luglio dell’anno corrente Facebook ha superato il punto di non ritorno: ha messo a disposizione degli utenti un modulo per denunciare alla psicopolizia del social gli amici con idee più radicali, allo scopo di censirli e irregimentarli. Abbiamo accolto con pacifica indifferenza la novità: eravamo già saturi di censura da anni a questa parte. La nostra strada era tracciata: cancellare ogni traccia di sé dal social. Il principio vale più di qualunque gratificazione.
Dopo svariate settimane di astinenza abbiamo compreso che la scelta più sensata fosse seguitare a scrivere, in un ambiente tuttavia scevro di censure e imposizioni ideologiche. Abbiamo scelto lo spazio dialettico più libero che esista: un server xampp, un hard disk e una connessione ad internet. Il circuito della ricompensa è soddisfatto e noi siamo fregi del nostro pubblico immaginario.

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